LA CHIESA DI SAN GIOVANNI A CARBONARA  PARTE II

Le Cappelle CARACCIOLO DEL SOLE e CARACCIOLO DI VICO

 Come già anticipato nel corso della precedente tappa del nostro percorso, due cappelle gentilizie appartenenti alla chiesa di San Giovanni a Carbonara meritano una più dettagliata trattazione, data la particolare ricchezza delle opere d’arte che custodiscono.

Si tratta delle cappelle di patronato delle famiglie CARACCIOLO DEL SOLE e CARACCIOLO DI VICO, entrambe realizzate in data successiva rispetto alla chiesa, e pertanto non pertinenti al progetto originario, ed entrambe non immediatamente percepibili all’atto dell’ingresso in chiesa.  

La cappella CARACCIOLO DEL SOLE, realizzata nel 1427, è posta infatti alle spalle del grandioso monumento di re Ladislao, quasi a voler creare un nuovo ambiente absidale, e la sua presenza viene in un primo tempo intuita, più che essere notata, per la luminosità che si irradia dal suo accesso, situato alla base del detto monumento tra le due cariatidi centrali.

La cappella è strutturalmente costituita da un ambiente a pianta circolare, retto da  sottili costolonature che ne suddividono gli spazi in otto settori, e coperta in origine da una magnifica cupola (sostituita poi da quella odierna, priva di decorazioni, a causa di gravi dissesti statici provocati nel tempo dai terremoti), ed è illuminata dalle grandi e slanciate finestre gotiche, che le conferiscono la notevole luminosità.

Un’unica presenza plastica, notevole per il pregio artistico e per le pagine di storia che rievoca, domina l’ambiente: è il sepolcro di SERGIANNI CARACCIOLO, Gran Siniscalco all’epoca del regno della Regina GIOVANNA II (sorella di re Ladislao, succedutagli sul trono nel 1414).

 

Foto 1: Il monumento a Sergianni Caracciolo

 

Sergianni, ammesso a corte all’epoca di re Ladislao, entrò nelle grazie della futura regina Giovanna II e, quando questa salì al trono, acquisì una posizione dominante; ma la sua irrefrenabile sete di potere lo rese inviso alla corte, al popolo e persino alla regina, che non riusciva più a controllarne le ambizioni, finchè, nell’agosto del 1432, fu ordito un complotto (a cui si dice non fosse del tutto estranea la regina) che ne determinò l’assassinio.

Il monumento tombale, posto proprio di fronte all’ingresso, costituisce stilisticamente un elemento di passaggio tra la concezione trecentesca del monumento funerario (teorizzata da TINO DI CAMAINO) e quella rinascimentale. L’opera è strutturalmente costituita dal grande sarcofago, retto da cariatidi (non più rappresentate dalle Virtù Cardinali, ma da Virtù Militari), sovrastato dalla figura eretta del defunto, affiancata da due colonnine con nicchiette nelle quali, secondo lo stile tipico di ANDREA DA FIRENZE, progettista del monumento, sono inserite statuine di Santi, Angeli e Virtù. L’artista, come precedentemente segnalato, risulta già attivo nella chiesa, sia per la regia compositiva generale del monumento a re Ladislao, sia per la realizzazione del sepolcro Sanseverino nella cappella di Santa Monica (Andrea da Firenze, scultore e pittore, è tra l’altro autore di un magnifico ciclo di affreschi, fortunatamente ancora visibile nella chiesa di Santa Maria Novella in Firenze, e di altri interessanti affreschi nel Camposanto di Pisa). L’epigrafe funeraria “Nil mihi ni titulus…” fu dettata dall’umanista LORENZO VALLA.

La decorazione pittorica, che ricopre interamente le pareti della cappella (ad eccezione della cupola, come già detto), è opera di due pittori di diversa origine: il lombardo LEONARDO DI BESOZZO, autore anche dell’affresco sul portale di ingresso alla chiesa e delle due figure di San Giovanni Battista e Sant’Agostino ai lati del monumento di re Ladislao, ed il campano PERRINETTO DA BENEVENTO. Al primo sono attribuiti gli affreschi aventi per soggetto Storie della Vita della Vergine, culminanti nella scenografica Incoronazione della vergine, posta sopra l’ingresso; al secondo le interessanti Storie Eremitiche poste nella parte bassa delle pareti, ad altezza d’uomo.

Foto 2 – 3: Affreschi con Storie della Vita della Vergine, di Leonardo da Besozzo; in basso un particolare della scenografica Incoronazione. 

 

Foto 4: Affreschi con Storie Eremitiche, di Perrinetto da Benevento

 

Completa la decorazione della cappella un magnifico pavimento maiolicato quattrocentesco, costituito da mattonelle quadrate ed esagonali, decorate con motivi vari. 

Foto 5: Pavimento maiolicato quattrocentesco della cappella Caracciolo del Sole

 

L’ingresso alla cappella di patronato della famiglia CARACCIOLO DI VICO è posto nel presbiterio, alla sinistra del monumento di re Ladislao, ed è costituito da un arco marmoreo dalle eleganti forme rinascimentali, caratterizzato da una epigrafe dedicatoria inserita nel suo lato sinistro. E’ proprio tale epigrafe, con la sua particolare collocazione prospettica, ad evidenziare la non perfetta assialità della cappella con la struttura architettonica della chiesa, e quindi la sua non pertinenza al progetto originario.

L’interno, realizzato nel 1499 e completamente rivestito in marmi fino alla trabeazione che sostiene la cupola, costituisce in sé un autentico museo della scultura rinascimentale meridionale: vi hanno lavorato infatti artisti di grande livello quali GIOVANNI DA NOLA, GIROLAMO SANTACROCE, GIOVAN TOMMASO MALVITO, ANNIBALE CACCAVELLO, GIROLAMO e GIANDOMENICO D’AURIA, gli spagnoli BARTOLOMEO ORDONEZ e DIEGO DE SILOE, a cui si sono aggiunti nel Seicento GIULIANO FINELLI (che vedremo grande artefice della decorazione plastica nella cappella del Tesoro di San Gennaro) e nel Settecento GIUSEPPE SANMARTINO (autore del celebre Cristo Velato).  Ma non basta.  Sono le magnifiche linee architettoniche che scandiscono gli spazi all’interno della cappella, il succedersi ritmato delle colonne doriche, la trabeazione sapientemente decorata con triglifi e metope, la perfetta corrispondenza nel disegno tra cupola e pavimento, rivelanti una notevole conoscenza da parte dell’architetto delle migliori esperienze rinascimentali fino ad allora espresse in Italia, a far sospettare la presenza in sito di uno dei maggiori architetti del Rinascimento: secondo alcune ipotesi si tratterebbe di GIULIANO DA SANGALLO, secondo altre addirittura del BRAMANTE, sia per le analogie riscontrabili con la sua opera in San Pietro in Montorio, sia perché la sua presenza fisica pare risulti documentata a

 

 

Foto 6: Particolare del colonnato e della trabeazione nella cappella Caracciolo di Vico

 

 

Napoli in quel periodo (una analoga ipotesi attributiva sussiste, infatti, per la coeva realizzazione nel Succorpo del Duomo di Napoli, di cui parleremo in una prossima tappa).

Le opere di scultura presenti nella magnifica cappella, della quale il Galante, nella sua “Guida Sacra”, ebbe a dire:”…la sua bellezza è superiore a qualunque elogio”, vengono qui di seguito, molto sommariamente, elencate.

L’altare è opera degli spagnoli Diego de Siloe e Bartolomeo Ordonez; quest’ultimo è autore, in particolare, del bassorilievo

raffigurante l’Epifania, nel quale si vuole che uno dei re Magi (quello in alto a sinistra) abbia le sembianze di un re della dinastia aragonese (Alfonso II, secondo il Galante).

 

 

Foto 7: Epifania di Bartolomeo Ordonez

 

I due sepolcri laterali, appartenenti a due membri della famiglia Caracciolo, sono opera di Annibale Caccavello e Giovandomenico d’Auria, con la partecipazione di Giovanni da Nola.

 

Notevoli opere di Giuliano Finelli sono: la scultura di Carlo Maria Caracciolo, in posizione eretta ed in dimensioni naturali, posta alla destra dell’altare, ed il busto-capolavoro di Carlo Andrea Caracciolo, posto alla destra dell’ingresso.

 

 

Foto 8: Scultura di Carlo Maria Caracciolo

 

 Alla sinistra dell’altare è la scultura, in posizione eretta, di Marcello Caracciolo, opera di Girolamo d’Auria.

Alla sinistra dell’ingresso si può ammirare il busto di Lucio Caracciolo, attribuito a Giuseppe Sanmartino.

 

Aldo Lubrano     

 

 

 

 

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