CHIESA DI  SAN  GIOVANNI  A  CARBONARA

 

La chiesa di San Giovanni a Carbonara sorge in posizione elevata sulla omonima strada, in prossimità del punto in cui questa si restringe per onorare con una diversa indicazione toponomastica la memoria di Domenico Cirillo, martire della Rivoluzione Partenopea del 1799.

L’area, posta al di fuori delle mura cittadine dalla fondazione di Neapolis fino a tutto il periodo della dominazione angioina,  fu adibita a discarica dei rifiuti cittadini, acquisendo appunto la denominazione di “carbonarium” (così erano chiamate le aree destinate a tali scopi anche in altre città), che ha mantenuto fino ad oggi.

In periodo alto-medioevale l’area fu sede di competizioni (giostre, tornei, corse di cavalli) molto seguite dalla popolazione e dalla nobiltà, al punto che i sovrani Angioini vi fecero costruire un imponente edificio, per meglio assistervi. Il palazzo è ancora oggi visibile, sul lato opposto della strada rispetto alla chiesa, seppure molto rimaneggiato a causa degli interventi che ne hanno sostanzialmente modificato l’aspetto nel corso dei secoli a partire dal Quattrocento ad oggi.  

Tali giostre degeneravano spesso in violente e sanguinose zuffe, con frequenti omicidi, per cui si ritiene che uno dei motivi che portarono alla fondazione della chiesa in quel posto sia stato l’auspicio che la presenza di un edificio religioso nell’area potesse  porre un freno alla violenza dilagante nella zona.

La chiesa fu realizzata in origine in forme gotiche con una struttura architettonica relativamente semplice, costituita da un ambiente di sezione rettangolare, con abside piatta per potervi opportunamente collocare la tomba del re angioino LADISLAO DI DURAZZO, che con le sue donazioni ne aveva consentito il completamento.  Successivamente, il prestigio derivante al sito dalla presenza di tale sepoltura fece sì che alcune famiglie nobili riuscissero a far aggiungere all’originario corpo di fabbrica le proprie cappelle gentilizie, sistemate dovunque lo spazio disponibile lo consentiva (dietro l’abside, ai lati del presbiterio, lungo la navata sinistra e persino all’ingresso, eliminando definitivamente la facciata della chiesa, che difatti a tutt’oggi ne è priva), modificandone così sostanzialmente l’originaria struttura.

 

 

Foto 1: Veduta del prospetto settecentesco di ingresso al monumento. Si notano l’ingresso della Conciliazione a Carbonara (in basso) ed il  portale gotico della cappella di Santa Monica (in alto).

 

Altri notevoli interventi di trasformazione del complesso furono quelli attuati agli inizi del Settecento, per porre riparo ai danni causati dal terremoto del 1688, ad opera dell’architetto FERDINANDO SANFELICE,  che in quella occasione ridisegnò il prospetto d’accesso al monumento, realizzando la scalinata mistilinea e creando strutture architettoniche di raccordo tra questa, la cappella di Santa Monica ed il sagrato in cui è collocato l’attuale ingresso.

Successivamente, alla metà circa dell’Ottocento, l’interno fu interamente ridecorato dall’architetto Travaglini, con intonaci e stucchi di stile pseudo-gotico, perseguendo un intento decorativo di dubbio gusto (in analogia a quanto lo stesso architetto andava attuando in altre chiese di Napoli, tra cui San Domenico Maggiore, dove tali “decorazioni” sono ancora oggi ben visibili). A seguito degli ultimi recenti interventi di restauro,  eseguiti per riparare i danni causati alla struttura dai bombardamenti subiti nel corso della seconda Guerra Mondiale, questa decorazione è stata totalmente rimossa, contribuendo al ripristino dell’originaria struttura gotica.

Il complesso, nonostante i gravi danni subiti a causa dei vari eventi (terremoti e bombardamenti) che nel corso dei secoli l’hanno devastato, conserva ancora magnifici monumenti ed insigni opere d’arte.

Tra questi, il più noto è senza dubbio il grandioso mausoleo del già ricordato re LADISLAO DI DURAZZO, ultimo esponente regale di sesso maschile della dinastia angioina, deceduto nel 1414 ancora in giovane età (37 anni), nel fiore della vita, al culmine della fortuna e del successo, proprio nel corso di una ambiziosa azione politico-militare finalizzata all’unificazione dell’Italia sotto la sua corona (Re Ladislao già vantava i seguenti titoli: Re di Sicilia, di Gerusalemme, d’Ungheria, di Roma, di Dalmazia, Croazia, Serbia, Galizia, Lodomeria, Cumania, Bulgaria, Conte di Provenza, Forcalquier e Piemonte).

 

 

Foto 2-3: Il monumento al re Ladislao di Durazzo (veduta complessiva e particolare della parte centrale)

Il monumento fu fatto costruire dalla sorella di re Ladislao, che gli succedette al trono col nome di GIOVANNA II, ultimo sovrano della dinastia angioina, e protagonista delle tristi vicende che portarono all’avvento della dinastia aragonese.

L’opera fu eseguita con il contributo di vari artisti, sotto la direzione di ANDREA DA FIRENZE, scultore molto noto nella sua città natale ed in Pisa, e costituisce un’ulteriore variante dello schema di tomba di stile gotico, teorizzato dal grande scultore senese TINO DI CAMAINO, caratterizzato in questo caso dalla grandiosità delle dimensioni: il monumento occupa infatti l’intero spazio disponibile sulla parete di fondo, sia in altezza (ben 14 m) che in larghezza (dimensione che addirittura travalica, invadendo le due pareti adiacenti con portelle marmoree che racchiudono due dipinti raffiguranti San Giovanni Battista e Sant’Agostino, opere di LEONARDO DA BESOZZO, pittore lombardo attivo anche in altre parti della chiesa). 

Tra le varie sculture costituenti il monumento sono degne di nota:

·       le cariatidi di base, raffiguranti Virtù , per le analogie riscontrabili tra una di esse (la Prudenza, la seconda da destra) e l’analoga opera eseguita dal MICHELOZZO, congiuntamente con DONATELLO, in Sant’Angelo a Nilo (tomba del cardinale Brancaccio)

·       le figure di Ladislao e Giovanna II in trono, per la qualità scadente, specialmente in relazione all’espressività dei volti, in contrasto con la posizione centrale occupata nel monumento

·       la figura del vescovo, benedicente il corpo del re disteso sul sarcofago, opportunamente inserita nel contesto in quanto re Ladislao morì scomunicato

·       l’imponente figura del re a cavallo che sovrasta il monumento funebre, di ispirazione non certamente centro-meridionale

·       infine, le statuette di santi inserite in nicchiette sui pilastri del monumento, che costituiscono dal punto di vista artistico la parte migliore del monumento, opere eseguite direttamente da ANDREA DA FIRENZE, a cui va anche attribuita la regia dell’intera opera. 

 

Alle spalle del monumento, con ingresso tra le due cariatidi centrali, è posta la grande, luminosa cappella di patronato della famiglia Caracciolo del Sole, mentre alla sua sinistra uno splendido arco rinascimentale introduce nella cappella di patronato dei Caracciolo di Vico. Queste due cappelle, costruite in epoca successiva alla chiesa e, come le altre, non pertinenti al  progetto originario,  racchiudono in sé testimonianze storico-artistiche di notevole rilevanza, tali da meritare una descrizione  sicuramente più ampia rispetto a quanto consentito nel presente contesto, necessariamente sintetico per motivi di spazio.  A tali cappelle sarà pertanto successivamente dedicata un’intera tappa  di questo nostro percorso storico-artistico.

 

Altra opera di notevole interesse presente all’interno della chiesa è il grande monumento MIROBALLO, fatto costruire dalla omonima famiglia e dedicato a San Giovanni Evangelista. Il monumento, posto lungo la parete sinistra della navata proprio di fronte all’ingresso attuale, fu realizzato nella seconda metà del ‘500 da artisti lombardi (JACOPO DALLA PILA, TOMMASO MALVITO e suo figlio GIOVANTOMMASO). 

E’ costituito da un grande arco a tutto sesto che incornicia l’altare, sul quale troneggia la  magnifica scultura di San Giovanni Evangelista, opera di GIOVANNI MERLIANO DA NOLA , il più importante scultore rinascimentale dell’Italia  Meridionale; le altre parti del monumento sono arricchite da numerose statue di santi e virtù, tutte opere dei sopracitati artisti lombardi. 

 

 

Foto 4: L’altare Miroballo

 

Come già accennato in precedenza, la chiesa è stata privata della facciata e dell’ingresso principale per lasciare spazio alla costruzione di una delle tante cappelle gentilizie che, nel corso del tempo, si sono aggiunte alla struttura originaria. La famiglia Di Somma, infatti, a cui apparteneva uno Scipione che fu consigliere dell’imperatore Carlo V, pretese di utilizzare lo spazio antistante l’ingresso principale per costruire la propria cappella gentilizia, cancellando di fatto ogni traccia della originaria facciata della chiesa. La cappella è caratterizzata da un classico equilibrio architettonico, scandito da dodici colonne corinzie distribuite lungo le pareti, inquadranti spazi tra i quali troneggia, in posizione centrale ed in linea con l’asse maggiore della chiesa, il monumento funebre del già citato Scipione Di Somma. L’opera fu eseguita in collaborazione tra ANNIBALE CACCAVELLO e GIOVAN DOMENICO D'AURIA, due validi esponenti della scultura rinascimentale nel Meridione (il primo fu  allievo di Giovanni da Nola); ai due artisti è attribuito anche il progetto architettonico dell’intera cappella, nonché l’esecuzione di tutte le altre opere di scultura presenti in essa. Ne completano la decorazione gli affreschi, inseriti tra cornici e stucchi della volta, e i dipinti ad olio su muro delle pareti laterali. L’insieme, tuttavia, non risulta particolarmente gradevole allo sguardo, pur essendo artisticamente valido (come invece avviene per le splendide cappelle dei Caracciolo del Sole e dei Caracciolo di Vico), a causa dei pesanti strati di polvere e di sporco che col tempo vi si sono depositati, creandovi un’atmosfera tristemente opaca.

 

 

Foto 5: Particolare dell’Annunciazione, di GIOVANNI DA GAETA

Tracce di decorazione ad affresco della chiesa, risalenti alla prima metà del Quattrocento, sono visibili alla sinistra del monumento Miroballo (Storie di San Nicola da Tolentino) e sulla parete a destra dell’ingresso (Annunciazione, di GIOVANNI DA GAETA). Un altro affresco coevo, recentemente restaurato, si trova sul portale gotico di ingresso alla chiesa, dal lato esterno; raffigura Sant’Agostino e San Tommaso, ed è anch’esso opera di

quel LEONARDO DA BESOZZO che abbiamo già incontrato accostandoci al mausoleo di re Ladislao, e che ritroveremo autore di un bel ciclo di affreschi nella cappella dei Caracciolo del Sole.

Altre sculture degne di nota, presenti all’interno della chiesa, sono le due Madonne col Bambino, opere di MICHELANGELO NACCHERINO, scultore toscano allievo del Giambologna (e, secondo alcuni, allievo dello stesso Michelangelo Buonarroti), e l’altare della Purificazione col sarcofago di Biagio Marsicano, opera del già citato ANNIBALE CACCAVELLO.

 

 

Foto 6-7: Le due Madonne col Bambino, di MICHELANGELO NACCHERINO

Infine, uscendo sul sagrato e ridiscendendo verso la strada, si accede alla chiesa inferiore, la Consolazione a Carbonara, sede parrocchiale, interessante perché custodisce due altari appartenuti in passato alla chiesa superiore: il barocco altare maggiore, che fu altare maggiore di anche San Giovanni, opera di

GIUSEPPE SANMARTINO (autore del celebre Cristo Velato nella Cappella Sansevero), ed un altare cinquecentesco adorno di pregevoli bassorilievi. 

 

Qui si conclude la sommaria descrizione delle splendide opere d’arte visitabili nel complesso di San Giovanni a Carbonara, complesso che, per il numero, la varietà, e l’indubbio, squisito valore storico-artistico delle opere che contiene, meriterebbe

un ben più cospicuo numero di visitatori, rispetto alle poche unità che quotidianamente vi accedono (è emblematica, a tal

proposito, la decisione del Comune di Napoli di prevedere per il presidio di tale monumento una sola unità, a differenza delle due normalmente previste per altri monumenti del Centro Storico).

Ma il complesso ospita anche altre opere d’arte, anch’esse di notevole pregio artistico, purtroppo oggi non visitabili, che elenchiamo sommariamente qui di seguito:

·       la gotica cappella di Santa Monica, nella quale si trova il sepolcro di Ruggiero Sanseverino, altra notevole opera di ANDREA DA FIRENZE (l’artefice del mausoleo di re Ladislao)

·       la cappella Seripando, che oltre ad ospitare il cinquecentesco mausoleo di Antonio Seripando, vanta la presenza sull’altare di un prezioso Crocifisso su tavola, opera del pittore toscano GIORGIO VASARI

·       i chiostri, stilisticamente diversi tra loro ma tutti, sembra, di pregevole fattura, al momento non visitabili perché sottoposti a restauro

 

 

Aldo Lubrano

 

 

 

 

 

 

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